La misticanza romana: cos’è e come si prepara

Autore: Veruska Anconitano, Award-Winning Food Travel Journalist, Sommelier & Outdoor LoverInformazioni autore
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Uno dei contorni classici della cucina romana è così banale da essere, secondo me, buonissimo perché come molti dei piatti tradizionali del Lazio e di Roma è tradizionale, è semplice, è genuino e soprattutto sa di famiglia: è la misticanza. Non c’è niente di posh o di esteticamente bello in questa insalata ma io sono sempre dell’idea che se una cosa è bella ma non balla per me puo’ restare dove stava prima! 😀

Perché altro non è che verdurina di campo mista una volta raccolta direttamente nei campi e mescolata insieme per tirare fuori un insieme di sapori unici, immancabili la domenica a pranzo sulla tavola di chi, oltre alle patate al forno, non poteva farsi mancare qualcosa per “sciacquare” la bocca.

Secondo la tradizione si consumava soprattutto il fine settimana perché veniva portata dai frati il venerdì, giorno della questua come ricorda il fantastico Gioacchino Belli: “tu fatte lègge er libbro che cià er frate che porta er venerdì la mistocanza”.

Quella che oggi si trova già lavata e imbustata dai fruttivendoli non è la vera misticanza perché mancano figure in grado di riconoscere davvero tutte le varietà di erba di prato da infilare dentro questa insalata e, diciamolo pure, mancano anche il tempo e la voglia di andare per prati e chinarsi a raccogliere insalata; io qualcuna so riconoscerla ma non tutte quelle che andrebbero nella vera misticanza quindi quando mi capita mi chino pure a raccogliere l’erba, con gli stivali di gomma e il fazzoletto in testa :D, ma il risultato è approssimativo.

La misticanza tradizionale si raccoglieva soprattutto in primavera ed estate perché con l’autunno e l’inverno le erbette si bagnano o si seccano talmente tanto che non hanno sapore e, soprattutto, non possono neanche essere colte e lavate.

Ma di che si compone ‘sta benedetta misticanza, vi starete chiedendo? Indivia, rucola chiamata rughetta, crescione, pimpinella, cicoria selvatica, finocchio selvatico, erbanoce, caccialepre, cresta di gallo, porcellana, tarassaco (pisciacane in dialetto 😀 ), erba stella, porcacchia, raperonzoli, crespigni, la ricetta la minutina, la papala (papavero), la barba di frate, il cerfoglio, l’orecchio d’asino; spingendosi oltre si possono anche aggiungere fiori di campo ma onestamente qua siamo nel campo della figherraggine non della tradizione. Non esiste una combinazione unica di misticanza ma la tradizione dice che devono andarci le erbette di campo che ho scritto sopra, peraltro citate anche in una famosa poesia di Romeo Collalti e quindi capite che se non si conoscono, anche perché hanno nomi dialettali, è difficile azzeccare la combinazione esatta.

La misticanza moderna si compone invece di tutto cio’ che si trova al supermercato e chiaramente non è misticanza ma insalata mista a cui si vuole dare un nome diverso per nascondere i diversi sapori: insomma, nnè misticanza!

La misticanza si mangia solo in un modo, non ce ne sono altri socialmente accettabili: condita con olio, sale e aceto al massimo aggiungendo delle acciughe o del limone ma già si sconfina in questo modo. Esiste pure la misticanza romana ripassata in padella ma le erbette sono diverse e la soddisfazione è decisamente diversa rispetto alla misticanza cruda, provare per credere.

Ovviamente nei ristoranti trovare la vera misticanza è difficilissimo, oserei dire rarissimo e spesso si spaccia per misticanza romana qualcosa che non si avvicina all’originale neanche da lontano: date retta a me ed evitate di ordinare la misticanza al ristorante ma se conoscete qualcuno che ha la passione per le cose genuine chiedete di voler assaggiare la misticanza, quella vera, e vedrete che non rimarrete delusi! 🙂

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